domenica 21 febbraio 2010

Due storie di montagna


Sommario:

-Fumne fumne, andè a durmì!

-Il Gamber


Oggi vorrei raccontarvi due aneddoti presi dalla viva voce di un'anziana signora di Ivrea, che mia mamma conobbe ai tempi in cui era degente in ospedale. Sono due storielle semplici , che il papà di questa signora a sua volta raccontò a lei e ai suoi fratelli, e che probabilmente vennero tramandate da qualche nonno.

Entrambe mostrano uno spaccato di vita quotidiana, quando la gente di montagna ancora viveva in una realtà agro-pastorale, e la sera le famiglie si raccoglievano per narrarsi qualche storia divertente. Mia mamma, mentre la sua compagna di stanza raccontava, riuscì a scrivere tutto per filo e per segno, comprese le espressioni dialettali (della cui provenienza, però, non siamo del tutto sicure). Io voglio trascriverle così, tali e quali a come furono raccontate.


Fumne Fumne andè a durmì!

Una volta c'erano solo gli uomini che lavoravano fuori: le donne lavoravano in casa, accudivano i bambini, le bestie che avevano lì.

'Sti uomini stavano via dal lunedì e magari tornavano al venerdì. Allora le donne si trovavano tutte sole e alla sera si radunavano nelle case, una sera in una, una sera in un'altra, e preparavano i dolci con la farina, le uova, il latte... e magari, se avevano le vigne, bevevano anche il vino, o se no bevevano il vino di mele (ad pumm).

Uno di questi uomini è ritornato prima del solito e si è accorto di queste festicciole e pensava: noi siamo fuori a lavorare tutta la settimana e loro sono qui che fanno le festicciole.

Allora è andato a dirglielo agli altri uomini:

"Nui 'nduma lauré cume asu, dì e noĉ e lur is las spassu benone. Mangiu e i beivu a nosce spalle. De', i sun pescaie mi, che mangiavu e i beivivu! (Noi andiamo a lavorare come asini giorno e notte e loro se la passano benone. Mangiano e bavono alle nostre spalle. De', le ho pescate io, che mangiavano e bevevano!)"

"Ma va', ai cherduma nen! Perchè i g'an tant da fe': i g'an da vardé i  matoit, e i bestie. Alura a la seira i eu strache.(Ma va', non ti crediamo! Perchè loro hanno tanto da fare: devono guardare i bambini e le bestie. Allora la sera sono stanche)"

"I cherdé nen? I fag ugghe mi! (Non mi credete? Vi faccio vedere io!)"

"Fuma 'na roba: i finisciuma un' ura o due prima e i iu pìuma sul faĉ! (Facciamo una cosa; finiamo una o due sere prima e le prendiamo sul fatto!)"

Allora alla sera sono arrivati e lì nelle case non c'erano le stufe, ma il camino, e loro erano riunite intorno al camino e mangiavano i loro dolcetti e mentre i bambini erano a dormire, se la spassavano a farsi i loro racconti.

Quello che le aveva pescate, gli ha detto con gli altri mariti: "Non ci credete? Adesso vi faccio vedere io!"

E c'era uno che aveva una gamba di legno e gli ha detto:"Gava 'n po' 'sta gamba! (Tirati via la gamba!)"

E allora gli altri si sono nascosti dietro a un cespuglio per vedere la scena e lui è andato sul tetto (di pietre) e ha incominciato a dire:

"Fumne fumne andé a durmì... (Donne donne andate a dormire...)"

E una: "T'è sentù? (Hai sentito?)"

E l'altra: "Mi no (Io no)"

E quella: "Sum sentù 'na vusc da omm (Ho sentito una voce di uomo)".

"Ma no, t'è sbaglià, t'è... (Ma no, hai sbagliato, hai...)"

"Spécia, spécia, parluma più, che sentuma sa gh'è ancù... (Aspetta aspetta, non parliamo più, che sentiamo se c'è ancora...)

E una è uscita per vedere ma non ha visto niente. Allora hanno ripreso il loro festino, e ancora più forte:

"Fumne fumne andé a durmì che 'l Signùr a vlu manda da dì!... (Donne donne andate a dormire che il Signore ve lo manda a dire!"

E allora le altre donne dicono che lo hanno sentito anche loro ed essendo credenti si sono spaventate. E avevano paura anche di uscire.

E l'uomo ancora più forte:

"Fumne fumne andé a durmì! 'Chè si cherdé nen che Diu cumanda, ecco qui la santa gamba! (donne donne andate a dormire, che se non credete che Dio comanda, ecco qui la santa gamba!) "

Sai loro lo spavento, sì che son partite di corsa per andare ognuna a casa sua. 

E da quel giorno di festini non ne hanno fatti più.


Il Gamber

C'era una volta un uomo grande e grosso, tipo un gigante, con quei cappelli grossi, neri, quei mantelli, sai, neri e lunghi che si buttavano sulla spalla, era latitante perchè aveva violentato  -  dicevano - una ragazza, e allora era scappato sulle montagne, e viveva da una stalla all'altra, di quelle dove andavano le mucche, i greggi; e quest'uomo si chiamava "Gamber", forse perchè camminava molto lo avranno soprannominato così. Allora le donne avevano tutte paura di lui, perchè lui se trovava delle donne sole non è che non gli faceva proprio niente.

Era vagante, e come la gente lo vedeva arrivare gli offrivano da mangiare e da bere purchè se ne andasse via, perchè nessuno lo ospitava. Perchè lui non era proprio cattivo, però alle donne faceva paura.

La nonna, di cent'anni, l'aveva conosciuto e lui aveva sempre rispetto per lei e la sua famiglia: forse erano state le malelingue a mettere in giro questa diceria, e poi lui era timido, non era persona che parlasse tanto, e così alimentava la diceria: sai com'era, alla sera, quando la gente si riuniva nelle stalle a raccontare al caldo, a ricamare, cucire e raccontare delle storie ai bambini.

Mio papà quand'era piccolo andava a pascolare come tanti altri ragazzini in montagna: e gli davano da mangiare latte, gremma, mascarpa, e formaggio, e grulle col latte.

Alla sera raccontavano le storie paurose e gli raccomandavano: "Attento a Gamber, se lo vedi vieni ad avvertirci!". E lui una sera che aveva bisogno di fare la pipì è uscito per andarla a fare nel prato.

Com'è uscito si è trovato di fronte quest'uomo gigante tutto nero, figurati! Allora è tornato indietro di corsa, senza dire niente, mentre il Gamber è entrato e gli uomini gli hanno offerto da mangiare e da bere. E lui, mio papà, per la paura non s'è più mosso. Alla fine, quando il Gamber ha fatto per uscire, gli è passato vicino e gli ha messo una mano in testa, scompigliandogli i capelli e dicendo: "Ciao bel matalìn!"

E lui, quando quello è uscito, si è trovato i calzoni tutti pieni, e non solo di pipì, e non sapeva come fare: non osava spogliarsi davanti agli altri. Per fortuna non l'aveva fatta tanto molle, così quando tutti sono andati a letto lui ha tolto col fieno quello che c'era di grosso e ha nascosto la sua popò insieme a quella delle mucche.

Questa cosa gli è rimasta impressa tanto che la raccontava sempre a noi suoi figli. E noi gli dicevamo: "Ma non avevi da cambiarti?" E lui rispondeva: "Ma se non avevamo neanche le mutande! La sporcizia? Aiutava a tenerci insieme: non son mica morto per quello! Sun ancù qui!"

E com'è andato a finire quel Gamber? Non l'han trovato più. Forse l'ha ucciso qualche uomo perchè lui avrà importunato qualche donna o qualche ragazza. Sarà finito in qualche canalone. Chissà.

1 commento:

  1. Sono così autentiche che non possno non strappare un sorriso. La prima storia da una punta di notalgia per una vita comunitaria che nella vita di ogni giorno raramente viviamo. Veramente uniche. Lamia

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